Il liberalismo estremo di John Stuart Mill

Mill, Sulla libertà, BompianiHo dedicato questa estate alla lettura di uno di quei libri a cui l’etichetta di classico sembra incollata in maniera indelebile: Sulla libertà di J.S. Mill, Bompiani testi a fronte, Milano, 2000.

Leggo, prima di sprofondare nel testo, la breve biografia di Mill e…sorpresa: Mill era un genio.

Esagero? A tre anni imparò il greco, il latino a otto, a sette anni legge l’intera opera di Erodoto, i sei dialoghi di Platone e poi Aristotele, Platone e compagnia bella. A tredici anni legge i Principles di Ricardo e ne discute direttamente con l’interessato, visto che è anche un amico del padre. Padre che, come normale che sia quando si è al cospetto di un genio precoce, è molto attento all’educazione del figlio e ne prepara rigorosamente la strada verso l’eternità. Anche se ottenuta al costo di una “profonda depressione” che l’accompagnerà per buona parte della sua vita.

A leggere le persone che ha incontrato gira la testa: Bentham, Jean-Baptiste Say, Saint- Simon. Fu padrino (fonte wikipedia) addirittura di Bertrand Russell! Comte e Tocqueville tra le sue letture e scusate se è poco.

La lettura del testo non si può considerare scorrevole, naturalmente bisogna contestualizzare il linguaggio al periodo storico. Dopo le prime pagine però ci si immerge abbastanza agevolmente nella lettura: l’argomento è interessante e, anche se oggi molte tesi sembrano scontate, in realtà si tratta di concetti sempre attuali. Il testo a fronte è in lingua originale, inglese, ma, dopo una prova iniziale, preferisco abbandonarlo per la volgare versione in italiano. Meglio concentrarsi sull’originalità del pensiero.

La sensazione iniziale è perfettamente confermata da quella finale: questo genio precoce aveva così a cuore la libertà da risultarne un fanatico sostenitore.

Per Mill la discussione libera delle idee è sempre un vantaggio sia quando si riesca a dimostrare che la teoria sostenuta sia universalmente corretta, sia quando ne sia dimostrata la non verità o l’erroneità.

Dice infatti Mill che se un’idea è vera allora evidentemente è giusto e socialmente auspicabile che possa o debba essere espressa (e profondamente dannoso non poterla esprimere).

Ma, aggiunge, lo diventa ancora di più se quell’idea è malsana ed errata: in questo caso l’espressione permette, per confronto e contrasto, a un’idea giusta di avere l’occasione di emergere con la forza della sua validità intrinseca.

Ciò presume che la giustizia e la verità alla fine prevalgano sempre, concetto tipico ottocentesco, oggi messo in discussione.

Evidentemente J.S.Mill non aveva fatto i conti con con l’influenzabilità delle opinioni, in primis attraverso i media. Ad affermarsi, spesso, non è un’idea “necessariamente” giusta ma solo quella più facilmente recepibile e più spendibile sul mercato delle relazioni.

Per non parlare delle distorsioni e degli estremismi che nascono da alcune idee palesemente “non giuste” o “irragionevoli”, difficilmente o parzialmente sostenibili e, quando lo sono, sempre col timore di incorrere in un processo autodistruttivo. In particolare mi riferisco alla tollerabilità dell’intollerante.

Qui l’estremismo di Mill raggiunge il suo apice: le idee, anche le più orripilanti, vanno espresse sempre, qualsiasi sia il loro contenuto; darne un giudizio e proibirle in base a questo giudizio, pur ragionevolmente condivisibile, induce più facilmente all’errore che ad un vantaggio:

Tutti gli errori che può commettere (l’uomo) ignorando consigli e ammonimenti saranno un male infinitamente inferiore a quello di lasciarsi costringere da altri a fare ciò che essi ritengono il suo bene“.

Diversamente, le azioni conseguenti ad alcune idee trovano un limite nel non recare danno agli altri: classico principio del “non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te” o “la libertà degli altri finisce dove inizia quella degli altri” di gandhiana memoria.

Interessante e attuale anche il concetto della pericolosità dell’unaminità delle opinioni messa in relazione con l’individualità, principio base e distintivo dell’uomo. Non si è individui se non si ha originalità e diversità di opinioni. Se, nei confronti di qualsiasi idea -anche la più giusta- c’è soltanto uniformità e consenso è molto probabile che qualcosa si è inceppato nel meccanismo dell’essere sia individui e che animali sociali.

Un’idea profondamente giusta e corretta deve avere oppositori, non averli la indebolisce invece di rafforzarla.

La lezione di Mill è semplice, netta, assolutamente condivisibile.

Una lettura che mette in discussione anche i più convinti sostenitori della libertà, che imparano a dover far i conti con una delle più forti contraddizioni di questo concetto: la libertà è sicuramente uno dei beni più importanti per l’uomo e pertanto non si baratta con la giustizia o con la propria assoluta convinzione.

Una lezione che trasuda tolleranza e rispetto per gli altri e ricorda, in molti aspetti, il pensiero di Tocqueville e Voltaire.

In questo blog mi occuperò di liberi pensatori: poteva forse mancare il Classico per eccellenza?

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