Immaginare Cioran passeggiare insonne a Ibiza è davvero un’idea bizzarra, considerato cosa è oggi questa isola delle Baleari e la misantropia leggermente ipocondriaca che caratterizzava il suo carattere.
Eppure ne “Il Taccuino di Talamanca” emerge un Cioran ancora una volta disorientante, come spesso sa esserlo questo “filosofo sui generis”, come non si sarebbe mai definito.
In ogni caso possiamo senz’altro definirlo un libero pensatore e un acuto osservatore.
Come si può immaginare Cioran in vacanza, lui che si definiva costantemente una sorta di flãneur notturno allergico al lavoro?
Un rapporto con Talamanca comunque molto controverso, contraddittorio perfino in questa piccola raccolta di aforismi, questi Taccuini arrivati in Italia quest’anno grazie manco a dirlo alla Adelphi, dopo ben 11 anni dalla loro uscita nelle edizioni francesi di Gallimard.
“Fare due giorni di viaggio per sfuggire Parigi e ritrovare radio, transistor, ecc., tutto ciò che si aborriva partendo”.
E ancora : “questo clima decisamente non fa per me; i bagni mi snervano, questa isola, che ho tanto amato, non è per me”, …”qui è il vuoto al quadrato”, “dieci anni fa”, gli racconta un muratore, ” prima dell’invasione dei turisti, gli abitanti di Ibiza erano gentili, vi invitavano a mangiare da loro, lasciavano la porta aperta giorno e notte; ora la chiudono a chiave, sono diventati egoisti […] lavorano, si stancano e non riescono più a riposare. Il silenzio è scomparso sull’isola: notte e giorno gli aerei la sorvolano, e il loro fracasso è il prezzo che gli indigeni pagano per aver ottenuto il privilegio di mangiare a sazietà”.
Eppure, dopo queste dure parole, intrise di delusione per ciò che è stato Talamanca…quando arriva il momento di partire, scrive nel taccuino:
“Cafard inaudito all’idea di lasciare Talamanca. In realtà, Parigi e Cafard sono per me tutt’uno. Non bisognerebbe andare in luoghi dove la felicità sembra concepibile”.
E ancora più esplicitamente: “Disgraziatamente questo luogo è troppo bello perché si possa separarsene senza strazio”.
Dunque un rapporto con Talamanca, villaggio di fronte a Ibiza, quasi di un’amore morboso, costretto com’è a sopportare rumori molesti e a lottare per l’insonnia, che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Sembra consolarlo soltanto la passeggiata in riva al mare, in attesa dell’alba, sempre in perfetta solitudine e inquietudine.
Evidenti comunque i suoi tanti interessi intellettuali, le letture, i propositi letterari.
Borges, Hume, lo gnosticismo, la cabala e lo Zohar, Joyce, persino Nietzsche.
A questo proposito, un breve aforisma sprigiona profondità e singolarmente coincide con un mio pensiero nemmeno tanto recente:
“L’idea di Nietzsche dell’eterno ritorno è solo un ghiribizzo, nel migliore dei casi un’ispirazione; ed è pura aberrazione da parte di Heidegger vedervi il suo pensiero centrale”.
Come si può esprimere un concetto meglio di così?
Siamo veramente di fronte ad un genio dello stile, così lucido da parlarne lui stesso:
“Ho una certa fermezza soltanto nello stile. Ma è il prodotto di un lavoro, e non del temperamento”.
Un vero maestro dunque (non mi avrebbe rivolto nemmeno un saluto, al solo definirlo in questo modo!) e questo ultimo libricino, quasi un piccolo compendio del suo più ampio Diario, non fa altro che confermare le mie primissime impressioni.
Non si può pensare di conoscere Cioran senza leggere “Al culmine della disperazione”; lì anche lui sentiva di aver scritto tutto quello che aveva da dire.
Per fortuna, pur non essendosi sbagliato, non si è fermato…
Non avrei per esempio mai letto quest’ultima perla, che riporto con la convinzione di escluderne centinaia di altre:
“Nelle relazioni tra gli esseri c’è un solo crimine: il crimine dell’indiscrezione. Insistere in qualunque cosa è un brutto segno. Quale indelicatezza in profondità”.
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Il taccuino di Cioran
Immaginare Cioran passeggiare insonne a Ibiza è davvero un’idea bizzarra, considerato cosa è oggi questa isola delle Baleari e la misantropia leggermente ipocondriaca che caratterizzava il suo carattere.
Eppure ne “Il Taccuino di Talamanca” emerge un Cioran ancora una volta disorientante, come spesso sa esserlo questo “filosofo sui generis”, come non si sarebbe mai definito.
In ogni caso possiamo senz’altro definirlo un libero pensatore e un acuto osservatore.
Come si può immaginare Cioran in vacanza, lui che si definiva costantemente una sorta di flãneur notturno allergico al lavoro?
Un rapporto con Talamanca comunque molto controverso, contraddittorio perfino in questa piccola raccolta di aforismi, questi Taccuini arrivati in Italia quest’anno grazie manco a dirlo alla Adelphi, dopo ben 11 anni dalla loro uscita nelle edizioni francesi di Gallimard.
“Fare due giorni di viaggio per sfuggire Parigi e ritrovare radio, transistor, ecc., tutto ciò che si aborriva partendo”.
E ancora : “questo clima decisamente non fa per me; i bagni mi snervano, questa isola, che ho tanto amato, non è per me”, …”qui è il vuoto al quadrato”, “dieci anni fa”, gli racconta un muratore, ” prima dell’invasione dei turisti, gli abitanti di Ibiza erano gentili, vi invitavano a mangiare da loro, lasciavano la porta aperta giorno e notte; ora la chiudono a chiave, sono diventati egoisti […] lavorano, si stancano e non riescono più a riposare. Il silenzio è scomparso sull’isola: notte e giorno gli aerei la sorvolano, e il loro fracasso è il prezzo che gli indigeni pagano per aver ottenuto il privilegio di mangiare a sazietà”.
Eppure, dopo queste dure parole, intrise di delusione per ciò che è stato Talamanca…quando arriva il momento di partire, scrive nel taccuino:
“Cafard inaudito all’idea di lasciare Talamanca. In realtà, Parigi e Cafard sono per me tutt’uno. Non bisognerebbe andare in luoghi dove la felicità sembra concepibile”.
E ancora più esplicitamente: “Disgraziatamente questo luogo è troppo bello perché si possa separarsene senza strazio”.
Dunque un rapporto con Talamanca, villaggio di fronte a Ibiza, quasi di un’amore morboso, costretto com’è a sopportare rumori molesti e a lottare per l’insonnia, che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Sembra consolarlo soltanto la passeggiata in riva al mare, in attesa dell’alba, sempre in perfetta solitudine e inquietudine.
Evidenti comunque i suoi tanti interessi intellettuali, le letture, i propositi letterari.
Borges, Hume, lo gnosticismo, la cabala e lo Zohar, Joyce, persino Nietzsche.
A questo proposito, un breve aforisma sprigiona profondità e singolarmente coincide con un mio pensiero nemmeno tanto recente:
“L’idea di Nietzsche dell’eterno ritorno è solo un ghiribizzo, nel migliore dei casi un’ispirazione; ed è pura aberrazione da parte di Heidegger vedervi il suo pensiero centrale”.
Come si può esprimere un concetto meglio di così?
Siamo veramente di fronte ad un genio dello stile, così lucido da parlarne lui stesso:
“Ho una certa fermezza soltanto nello stile. Ma è il prodotto di un lavoro, e non del temperamento”.
Un vero maestro dunque (non mi avrebbe rivolto nemmeno un saluto, al solo definirlo in questo modo!) e questo ultimo libricino, quasi un piccolo compendio del suo più ampio Diario, non fa altro che confermare le mie primissime impressioni.
Non si può pensare di conoscere Cioran senza leggere “Al culmine della disperazione”; lì anche lui sentiva di aver scritto tutto quello che aveva da dire.
Per fortuna, pur non essendosi sbagliato, non si è fermato…
Non avrei per esempio mai letto quest’ultima perla, che riporto con la convinzione di escluderne centinaia di altre:
“Nelle relazioni tra gli esseri c’è un solo crimine: il crimine dell’indiscrezione. Insistere in qualunque cosa è un brutto segno. Quale indelicatezza in profondità”.
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