Wollstonecraft: un’eroina moderna

Mary aveva partorito da poco -solo dieci giorni- quando morì.
Aveva partorito quella che sarebbe diventata una delle letterate più famose di tutti i tempi, l’autrice di Frankestein ovvero del nuovo Prometeo.
Opera conosciuta (ingiustamente, visto che si tratta di un vero classico letterario!) solo per il bel film di James Whale del 1931 e per le successive rappresentazioni, non soltanto cinematografiche.
Anche essa di nome faceva Mary, cognome Godwin, ma conosciuta per il cognome del poeta marito: stiamo parlando di Shelley.
La vita tumultuosa di Mary Shelley, una biografia tutta da scoprire ( Mary Shelley- Wikipedia ) nasce probabilmente proprio nel sangue della madre morta, Mary Wollstonecraft, poco conosciuta, ingiustamente, al grande pubblico, ma considerata da più- a cui mi associo- l’antesignana del femminismo.

 Quando morì, un certo reverendo Polwhele l’aveva così tanto in odio da considerare la sua morte un segno ineluttabile della differenza dei sessi e sacra punizione divina.
Altri tempi, verrebbe quasi da aggiungere: aveva solo 38 anni ed era il 1797.
Mary Wollstonecraft ebbe un’infanzia difficile con un padre ubriaco e violento, in una famiglia povera, seconda di sette figli.
Era una bambina ribelle, volitiva e indipendente.
Tanto da difendere sua madre già da piccola e soprattutto tanto da riuscire a farsi da sola una istruzione, cosa abbastanza inusuale per una donna in quel periodo, perlomeno delle medesime condizioni sociali.
Ebbe alcune amicizie che la introdussero in alcuni circoli intellettuali londinesi e infine conobbe Godwin, filosofo e politico, da cui appunto nacque Mary Shelley.
Il resto si può tranquillamente leggere su internet, per chi volesse approfondire. E consiglio di farlo, sicuramente ci sono molti elementi di interesse anche in questa lettura.
Come ho fatto tra l’altro anch’io quando ho letto, folgorato e affascinato, “Sui diritti delle donne”, un piccolo libricino della collana I classici del libero pensiero, bellissima e recente (anzi ancora in corso) iniziativa del Corriere della Sera.
Per chi è convinto, come me, che la libertà dell’individuo passi necessariamente dai diritti alle donne, anzi che il grado di libertà vera e concreta di una società si misura dalla libertà concessa e posseduta dalle donne, la Wollstonecraft è una lettura obbligata e mi meraviglio come possa essere ancora cosi poco conosciuta, forse anche questo segno della poca maturità delle società cosiddette civili.
Mi colpisce innanzitutto una dichiarazione davvero in anticipo sui tempi (anche oggi risulterebbe controcorrente) sul matrimonio, visto come unico scopo della vita che- dice Mary Wollstonecraft- avvilisce la donna e la sottomette intellettualmente.
Mentre per l’uomo si concepisce una vita separata dalla componente emotiva e c’è un mondo che non si esaurisce nel rapporto con un partner, per la donna fin da piccola si rappresenta coscientemente o meno, una esistenza finalizzata alla coppia, all’accudire l’uomo, la casa, i figli.
Oggi, due secoli dopo, sembra tutto cambiato?
In verità non mi sembra, anzi a ben vedere sorprende come così poco sia cambiato nel tempo non soltanto in alcuni paesi dell’Oriente ma anche, con modalità diverse, anche dell’Italia, dell’Europa o dei paesi occidentali.
Wollstonecraft riconosce delle differenze sostanziali tra l’uomo e la donna, ma ritiene che siano dovute inizialmente alla struttura fisica differente e successivamente all’educazione e all’istruzione.
Ritiene tra l’altro che sia l’uno che l’altro siano superabili con la pratica sportiva e con la scuola: concetto che forse oggi può sembrare scontato, ma che se lo contestualizziamo all’epoca della Wollstonecraft suona veramente innovativo.
Sembra dire alla società: come si può considerare la donna inferiore all’uomo se non le si permette di esprimere la sua vera essenza?
E sembra anche dire: metteteci alla prova e vedrete finalmente le vere qualità delle donne.
A vedere la fine che ha fatto la donna nelle società massimizzate di oggi mi sembra che i termini della questione siano notevolmente cambiati.
Anche nella migliore delle ipotesi ovvero nel caso di una sorta di formale indipendenza della donna rispetto all’uomo si nota con estrema e triste evidenza come il modello maschile permea ancora fortemente la società.
L’uso spregiudicato del proprio corpo nasconde in realtà una sottomissione intellettuale all’uomo, il linguaggio (che da sempre esprime la sostanza delle cose) è costellato di espressioni tipiche del sesso maschile: intercalari anche volgari, punti di vista, aggressività sociale.
Perfino nelle abitudini quotidiane c’è una sorta di implicita acquiescenza al mondo maschile.
Oggi come a fine settecento…come rileva impietosamente Wollstonecraft quando parla di eccessiva cura del corpo della donna, troppo legata ad una sorta di ideale di bellezza e di apparenze che la distraggono dal partecipare attivamente al progresso dell’umanità.
Il concetto di libertà che emerge da Mary Wollstonecraft è dunque un concetto esteso, profondo, nobile e soprattutto moderno.
La possibilità di fare ciò che si vuole è chiaramente una forma di libertà elementare, una via da cui per forza deve passare qualsiasi forma di libertà: ma non si può scambiare un mezzo per un fine nè una possibilità per una consapevolezza!
L’indipendenza delle azioni non è indipendenza mentale : la costruzione di una vera emancipazione è un processo misto di conoscenza, ambiente sociale, maturità di pensiero, percezione della propria reale essenza.
Mary Wollstonecraft ha saputo in maniera preveggente anticipare tutto ciò e ha saputo vedere nei dettagli dei comportamenti sociali le contraddizioni di un mondo e nella straordinaria capacità dell’educazione un’opportunità unica da cogliere e diffondere in modo universalmente democratico.
Quindi da leggere anzi da leggere attentamente: un invito che non rivolgo solo alle donne, ma anche agli uomini o meglio a tutti quelli per cui la parola libertà non è soltanto una parola.

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