La battaglia dell’inquietudine

libri che cadonoFrequento diverse biblioteche e librerie da anni perché, più che scrivere, mi piace leggere.
Non leggo però in maniera che obiettivamente possa essere considerata “normale”, ma ossessivamente e a tratti freneticamente.
Un’ossessione che in fondo è una specie di malattia (o meglio a volte lo è davvero), una sorta di angoscioso e irrisolto dilemma di modi e finalità indefinite, un’insoddisfazione o, per usare una parola che mi piace molto, un’inquietudine.

Sono più che convinto che niente abbia valore senza quest’ultima, tutto il resto è caducità.
Dettagliando meglio il concetto…l’inquietudine è una “caducità consapevole” contrapposta alla “caducità frivola” perché alla fine tutto è vanità e non c’è differenza realmente significativa tra un me che pensa e si dispera e un me che affronta la quotidiana leggerezza.

Non amo più la lettura ludica, il semplice passar tempo, l’otium greco: sono voracemente attratto da tutto ciò che è cultura, conoscenza, pensiero, intelletto.
Avverto tutto ciò con ansia, con voglia divoratrice, come continua lotta contro il tempo e la pesantezza; scrivo per alleggerirmi.

Tutto ciò è l’opposto dell’otium: è bramosia, disperazione, movimento.

Ciò che può dare un “progresso” al pensiero – un passo in avanti che non è necessariamente un miglioramento (come si ritiene superficialmente) – è l’unico scopo/non scopo che acquieta temporaneamente la mia sete.
Faust è la mia maschera, con il suo Streben, anzi qualcosa di più: una solitaria tensione verso l’insignificanza (non verso il Nulla, perché non sopprimo, non faccio violenza: non mi rivolgo all’impronta dell’Essere ma alla sua completa indifferenza).
Non sono un hidalgo (“di quelli che hanno lance nella rastrelliera, scudi antichi, magro ronzino e cane da caccia”) che scambia mulini a vento con giganti perché non mi pongo il problema della “verità”.

Non cerco rifugio perché comprendo la cruenta esigenza di questo “contrasto”; nell’uomo c’è un’involontaria e spesso inconsapevole volontà di battaglia e ogni battaglia richiede non solo lance e scudi ma anche l’Altro ovvero il nemico, non importa se immaginario o meno.

La metafisica nasce continuamente da questo istinto di sopravvivenza: l’Essere di Parmenide, l’idea di Platone, l’Uno di Plotino sono sciocchezze ma sciocchezze giustificate.
Il punto fondamentale però è che si riesce a vivere a prescindere: un’idea o un sistema di idee, formalmente esatte, dalla bellezza quasi poetica – cioè rivolta alla sensibilità degli spiriti più nobili – è pur sempre nebbia che si dirada alle prime luci dell’alba della realtà oggettiva.

Ma, rincorrendo il pensiero…cosa è questa realtà oggettiva?
C’è un punto in cui la conoscenza si arresta, sconfitta.
Questo è il crinale che il pensiero non può scavalcare senza sfiorare il ridicolo.
Discutendo dell’oggettività prima o poi la si distrugge; anche qui la battaglia è d’obbligo e ciò che rimane sono macerie e corpi straziati.

Si agisce solo per illusione, l’uomo non vive di sogni ma per i sogni, grazie a questi può rendere concreto il suo lasciare il segno (non è forse per questo che il segno è sfumatura?). Che cosa desiderare una volta che si è compreso che l’essenza di tutto è un’ombra desiderosa di forma e di quella luce che la distruggerà?

Ogni forma data, come nel gioco delle ombre cinesi, richiede l’intervento del suo assassino e per ciò stesso – e non a caso – si può definire arte, l’andare verso l’oggetto.
Ci soffermiamo nelle forme – nella rappresentazione dell’oggetto – perché non sappiamo né riusciremmo mai a superarle: ci servono perché la nostra indole è la distruzione, l’andare verso la morte.

L’istinto teatrante dell’uomo non avrà mai fine perché lo rende libero da se stesso. E’ nella menzogna travestita che l’uomo finalmente si realizza; solo l’arte rimarrà a consolarlo, con un abbraccio delicato, rassicurante ma insincero.

Un grido tenebroso ci solleva temporaneamente dall’angoscia dell’impotenza ma ci lascia vuoti, disorientati, minuscole remore attaccate al gigantesco mondo delle possibilità/potenzialità non espresse.

Non è di fronte a Dio o all’indefinibile che avvertiamo la nostra insignificanza, ma di fronte a ciò che ancora non è.

Tutto continua “nonostante” noi: questa è l’unica verità oggettiva (la verità cioè che ci cerca, non cercata) che non accetteremo mai senza soffrire.

Tutto, proprio tutto, prima o poi finirà per noi e forse anche per gli altri, il ché dal punto di vista della battaglia è la stessa identica misera conclusione.

Poesia facile
di Dino Campana

Pace non cerco, guerra non sopporto
tranquillo, e solo vo pel mondo in sogno
pieno di canti soffocati. Agogno
la nebbia ed il silenzio in un gran porto.

In un gran porto pien di vele lievi
pronte a salpar per l’orizzonte azzurro
dolci ondulando, mentre che il sussurro
del vento passa con accordi brevi.

E quegli accordi il vento se li porta
lontani sopra il mare sconosciuto.
Sogno. La vita è triste ed io son solo

o quando o quando in un mattino ardente
l’anima mia si sveglierà nel sole
nel sole eterno, libera e fremente.

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5 risposte a La battaglia dell’inquietudine

  1. Anacronista ha detto:

    Mi riconosco, in parte, in questo profilo; nella lettura vorace, insaziabile. Eppure, la verità mi interessa, nei libri cerco sempre un tassello da aggiungere alla verità – con la v minuscola, s’intende. Bellissima la poesia di Campana. Grazie.

  2. Giuseppe Savarino ha detto:

    Grazie piuttosto a te del passaggio.
    La verità con la v minuscola a mio parere è soltanto una falsità travestita.
    Questione di prospettiva.
    Riconosco che non possiamo farne a me, abbiamo bisogno di un terreno su cui poggiare i piedi, fosse anche stagno o sabbie mobili.
    Un’illusione necessaria, ma non sufficiente. Da qui l’inquietudine, l’irrisolvibile, di cui parlo all’inizio.

  3. Anacronista ha detto:

    La pensavo anch’io così, tempo fa, poi ho cambiato idea. Le illusioni sono tante, ma negare in toto la verità è operazione che trovo controversa e tendenzialmente sbagliata, per molti motivi. Se ti va, ti consiglio di leggere Franca D’Agostini al prposito (se non lo hai già fatto); è davvero illuminante – per dire. 🙂

  4. Anacronista ha detto:

    Proprio così. E’ una vera miniera di spunti, oltre che, mi sembra, uno dei punti di vista più forti e interessanti degli ultimi tempi in Italia.

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