“Théodore Monod, naturalista, scrittore e poeta, aveva compreso, l’anno scorso, di dover rinunciare alle sfide estreme che aveva affrontato fino all’ età di 97 anni” (articolo di Munzi Ulderico comparso il 23 novembre 2000 sul Corriere della Sera, in occasione della sua morte).
Le “sfide” sono quelle affrontate da Monod nel deserto del Sahara a cui è rimasto sempre legato fisicamente e soprattutto spiritualmente (“l’Occidente è l’individualismo. L’Africa è il gruppo. E i due sistemi non sono compatibili. Anzi, l’uno sta distruggendo l’altro”).
Anche i suoi libri più conosciuti (intendo in generale nel mondo, visto che in Italia non lo conosce quasi nessuno) sono collegati a questa passione: Il viaggiatore delle dune e Lo smeraldo dei Garamanti (una popolazione di lingua berbera).
Sempre in difesa dell’ambiente, degli animali, dell’ecosistema per profondo rispetto di tutte le creature viventi:
“Lo abbiamo visto camminare in prima linea con i manifestanti che protestavano contro la bomba atomica, l’apartheid, l’esclusione. Ha lottato contro tutto ciò che, secondo lui, minacciava o degradava l’uomo: la guerra, la corrida, la caccia, l’alcol, il tabacco, la violenza contro gli umili. Il suo credo: il rispetto per la vita in tutte le sue forme” (Roger Cans, mia traduzione).
Di Théodore Monod ho letto recentemente “L’avventura umana” (Bollati Boringhieri, Torino, 2004) da cui riporto una breve ma profonda riflessione poetica che mi ha ricordato vagamente il grande Bardo.
Divagazioni
di Théodore Monod
Ognuno si diverte come può: la bottiglia
il francobollo, o le bocce, o la rotondità
di un seno seducente, il domino o lo splendore
degli ori, i Padri greci, o Dante o Corneille…
Tanti esseri tante scelte e modi
per scordare l’orrore dell’umana avventura,
per rifiutare d’aprire gli occhi sulla Natura,
per negare della Morte approcci e insegnamenti:
l’uno se ne andrà annegare la sua pena nella preghiera,
l’altro nel vizio o la carriera,
l’uno caccerà la giovane e l’altro il leone:
prede diverse ma unico scopo: distrarsi…
Tutto serve quando si deve affrontare la fuga,
dimenticare il domani, accecare la ragione,
convincersi che può durare la stagione
dei fiori, e senza speranza riprendere la rincorsa.
Miserabili, furbi, maldestri,
andate, venite, correte, agitatevi senza posa.
La molla è tesa di una trappola che nessuno
lascia sfuggire, burattini, dalle panie ingannevoli!
Alle tenebre della sera confusamente ammassati,
cadaveri riuniti in amichevole conclave,
il casto e il gaudente, il faceto e il grave,
ve ne andrete a marcire in fraterni fossati.
Volteggiate gaiamente, piroettate,
impegnatevi a fondo, fate la riverenza…
la Morte sola ha fissato per voi la scadenza
dove si congiungeranno e nobili e villani
Bengasi, settembre 1933